Questa mattina, cari amici e care amiche, riflettevo su come sconosciute stime economiche influenzino così nettamente la vita di tutti noi. Il discorso sarà un po’ tecnico, ma cercherò di renderlo il più semplificato possibile. Credo che alla fine possiate portare a casa un’informazione molto importante.
Ho visto che secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’output gap per l’Italia nel 2022 sarà positivo (+0.4%), maggiore sia della Germania che degli Stati Uniti.
L’output gap è una misura molto importante nel quadro della teoria economica dominante: esso misura la differenza tra la produzione effettiva di un’economia e la sua produzione potenziale. La produzione potenziale è la quantità massima di beni e servizi che un’economia può produrre quando viene considerata “al grado massimo di efficienza”, ossia a piena capacità.
Un paese avrà quindi un output gap positivo quando il suo Pil effettivo (quello che realmente si può osservare) sarà superiore alla produzione a piena capacità. Ciò accade quando la domanda è molto elevata e, per soddisfarla, le fabbriche operano oltre la loro capacità efficiente. Secondo lo schema teorico sottostante (elaborato, fra i primi, da Milton Friedman), a parità di altre condizioni, se l’output gap è positivo per un po’ di anni, e quindi la disoccupazione è inferiore al suo “livello naturale”, i prezzi inizieranno a salire, creando un circolo vizioso che, alla fine, non produrrà altro che più inflazione.
E già qui emerge la prima domanda abissale: l’Italia sta vivendo una crescita economica più alta rispetto agli Usa e alla Germania, sta lavorando “al di sopra delle sue capacità”, è un’economia che si sta “surriscaldando”, c’è una domanda più alta?
Non credo. Forse sta vivendo un rimbalzo maggiore, perché il “tonfo” è stato più alto negli anni precedenti. E allora qual è il problema?
Il punto è tecnico, ma ha cruciali implicazioni politiche. La questione, infatti, è : come si stima il PIL potenziale, dato che non si osserva? Ci sono diverse metodologie, ma tutte partono dal presupposto che la produzione possa essere suddivisa in una componente tendenziale e una ciclica. Il trend viene interpretato come una misura del prodotto potenziale dell’economia. Il trucco per stimare il prodotto potenziale, quindi, consiste nello stimare le tendenze, ossia nell’eliminare le variazioni cicliche, e assurgere queste tendenze a trend potenziale. Un metodo comune è applicare dei filtri statistici per separare queste due componenti.
La questione è che tutte queste tecniche hanno – come mostra molta letteratura oramai – molti difetti. In breve, tendono a “normalizzare” delle performance economiche che non hanno tanto di “tecnico” ma molto di “politico”. Il tendenziale dell’economia, infatti, è causato anche da scelte di finanza pubblica, da quanto si è investito, dal livello di tassazione sui redditi medio-bassi, insomma dal livello della domanda. Certo, anche da fattori dell’offerta. Ma ci si dovrebbe chiedere allora quanto questi siano indipendenti dalla domanda (non molto).
Il punto che mi premeva rimarcare, tuttavia, è che questa microvariabile ipertecnica, e molto controversa, ha implicazioni politiche molto rilevanti. La Commissione Europea, ad esempio, utilizza l’output gap per stabilire quanto deficit possa fare un paese, ed equiparano il livello di produzione potenziale con l’assenza di pressioni al rialzo o al ribasso dei prezzi. Se c’è output gap positivo, un paese ha bisogno di austerità, cioè di tornare al Pil potenziale.
Quindi, poco importa se è noto che in Europa – e in Italia non ne parliamo – l’inflazione non sia affatto dovuta a “surriscaldamenti” dell’economia ma all’aumento dei costi dovuti alle pressioni sull’energia. L’inflazione è troppo alta, e questo segnala che l’economia sta lavorando al di sopra delle sue possibilità, e quindi servono politiche restrittive (rialzo dei tassi, ritorno alle politiche di austerità).
E questo è esattamente cosa consiglia il FMI. Scrive nel suo ultimo rapporto di Agosto:
“Calibrato sull’Italia e basato su previsioni di crescita di base per il periodo 2022-50, il modello raccomanda di raggiungere e mantenere un avanzo primario strutturale vicino al 2% del PIL nel lungo periodo. […] Con il debito pubblico italiano molto alto e con un modesto output gap positivo, il modello raccomanda un consolidamento fiscale relativamente anticipato.”
Poiché stiamo producendo più del nostro potenziale, e poiché abbiamo una disoccupazione superiore a quella “naturale”, dobbiamo realizzare un “consolidamento fiscale potenziale”. E’ questo, per loro, uno dei motivi fondamentali dell’aumento dei prezzi. Non viene il dubbio che questo “potenziale” non sia un fatto naturale calato da Marte, ma l’esito di anni di scarsa domanda, pochi investimenti, precarizzazione del lavoro. L’Italia è sopra il suo potenziale e quindi deve rallentare, fare austerità, così tornerà al suo trend.
Capite, cari amici e care amiche, che oggi il pericolo della democrazia sta tutto qui. Nell’uso politico di variabili economiche che non conosce quasi nessuno. Variabili, tra l’altro, fittizie, arbitrarie, però spacciate come dati di natura.
Esse, al contrario, sono la giustificazione scientifica di un disegno sociale anti-democratico. E questo, oggi, ce lo dobbiamo dire forte e chiaro. C’è un disegno di mondo dietro sconosciuti filtri statistici.
Serve, quindi, una rivoluzione culturale che contesti questo quadro teorico, che alla fine non è che un disegno politico. Esso va confutato con le armi della conoscenza e dello studio. Ma non solo. Serve, alla fine, un entusiasmo culturale e spirituale: solo esso può darti l’energia necessaria per batterti sulla durata contro i luoghi comuni dei poteri di questo mondo.